Inaugurata nel 1517 dalle 95 tesi di Lutero, la Riforma protestante aprì la crisi più grave che la Chiesa dovette affrontare nella sua storia millenaria. Nel 1527 i lanzi tedeschi dell’esercito di Carlo V diedero brutale sfogo al loro odio antipapale durante l’atroce sacco di Roma, un evento epocale denso di suggestioni profetiche ed escatologiche, che costrinse la sede apostolica a imboccare strade nuove sia per arginare le dilaganti eresie sia per avviare una politica di riforme che contrastasse il profondo discredito in cui l’istituzione ecclesiastica era precipitata. Fu allora che si aprì la lunga e tormentata stagione del Tridentino che nell’arco di quarant’anni, e non senza aspri conflitti interni, sarebbe infine approdata agli esiti controriformisti e al trionfo dell’Inquisizione quale suprema istanza normativa dell’ortodossia cattolica e della politica papale. Il libro cerca di seguire questa complessa parabola dal punto di vista delle opere d’arte volute dai pontefici succedutisi in quei decenni e di cogliere i mutamenti che esse lasciano trapelare nell’autocoscienza storica della Chiesa, utilizzando a tal fine il ricco materiale iconografico offerto da dipinti, sculture, medaglie, strumenti liturgici, monumenti funebri. La sala di Costantino, il Giudizio sistino e gli ultimi affreschi di Michelangelo nella cappella Paolina, la decorazione di Castel Sant’Angelo, di palazzo Farnese, della Cancelleria, di villa Giulia, di palazzo Firenze, del casino del Boschetto, degli appartamenti vaticani si affiancano a manufatti meno ambiziosi nel trasmettere l’evoluzione dell’identità storica e religiosa del papato romano in un’età di trasformazioni profonde, fino al pontificato di Pio V, l’umile frate domenicano insignito della tiara e poi proclamato santo in virtù della sua arcigna militanza inquisitoriale e della vittoria di Lepanto. Dal punto di vista propriamente artistico quei decenni segnarono l’autunno del Rinascimento e i massimi fulgori del manierismo, che questo libro cerca di affrontare non sul piano della storia dell’arte ma su quello della storia religiosa, utilizzando le fonti iconografiche come specchi di una svolta storica, di una ridefinizione ideologica, di una diversa concezione delle immagini e del loro ruolo celebrativo e pedagogico.
"Navicula Petri". L'arte dei papi nel Cinquecento 1527-1571
FIRPO, MASSIMO;F. BIFERALI
2009
Abstract
Inaugurata nel 1517 dalle 95 tesi di Lutero, la Riforma protestante aprì la crisi più grave che la Chiesa dovette affrontare nella sua storia millenaria. Nel 1527 i lanzi tedeschi dell’esercito di Carlo V diedero brutale sfogo al loro odio antipapale durante l’atroce sacco di Roma, un evento epocale denso di suggestioni profetiche ed escatologiche, che costrinse la sede apostolica a imboccare strade nuove sia per arginare le dilaganti eresie sia per avviare una politica di riforme che contrastasse il profondo discredito in cui l’istituzione ecclesiastica era precipitata. Fu allora che si aprì la lunga e tormentata stagione del Tridentino che nell’arco di quarant’anni, e non senza aspri conflitti interni, sarebbe infine approdata agli esiti controriformisti e al trionfo dell’Inquisizione quale suprema istanza normativa dell’ortodossia cattolica e della politica papale. Il libro cerca di seguire questa complessa parabola dal punto di vista delle opere d’arte volute dai pontefici succedutisi in quei decenni e di cogliere i mutamenti che esse lasciano trapelare nell’autocoscienza storica della Chiesa, utilizzando a tal fine il ricco materiale iconografico offerto da dipinti, sculture, medaglie, strumenti liturgici, monumenti funebri. La sala di Costantino, il Giudizio sistino e gli ultimi affreschi di Michelangelo nella cappella Paolina, la decorazione di Castel Sant’Angelo, di palazzo Farnese, della Cancelleria, di villa Giulia, di palazzo Firenze, del casino del Boschetto, degli appartamenti vaticani si affiancano a manufatti meno ambiziosi nel trasmettere l’evoluzione dell’identità storica e religiosa del papato romano in un’età di trasformazioni profonde, fino al pontificato di Pio V, l’umile frate domenicano insignito della tiara e poi proclamato santo in virtù della sua arcigna militanza inquisitoriale e della vittoria di Lepanto. Dal punto di vista propriamente artistico quei decenni segnarono l’autunno del Rinascimento e i massimi fulgori del manierismo, che questo libro cerca di affrontare non sul piano della storia dell’arte ma su quello della storia religiosa, utilizzando le fonti iconografiche come specchi di una svolta storica, di una ridefinizione ideologica, di una diversa concezione delle immagini e del loro ruolo celebrativo e pedagogico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.