Il 2004-2005 ha visto a Firenze interventi di restauro su due cicli in cui fonti diverse indicano ritratti di Dante: quello giottesco al Bargello ed uno di tardo Trecento, lacunoso e finora illeggibile, nel palazzo già dell’Arte dei Giudici e Notai. Si è così potuto studiare un ‘nuovo’ Dante e il suo contesto, e riconsiderare la prima iconografia del poeta e il ruolo del ‘Dante di Giotto’. La prima lettura dei brani recuperati mostra che l’Arte, forte d’un’antica solidarietà fra primato culturale e impegno civico, celebrava Firenze ‘sovrana’ come patria del diritto, della giustizia, delle arti della parola, e in specie della poesia, resuscitata da Dante e vissuta come ‘gloria patria’ (§3). Più fonti, fra cui un prezioso disegno (1540) identificano, oltre a Dante, Petrarca, Zanobi da Strada e Boccaccio: è quanto resta d’una celebrazione dei poeti fiorentini che – fonte il Liber di F. Villani, regista C. Salutati con la sua cerchia –, aveva già coinvolto Palazzo Vecchio (la perduta Aula Minor) e doveva estendersi al Duomo (§4). Quello dell’Arte dei Notai è il primo Dante monumentale conservato certamente inteso come tale ab origine. I pretesi ritratti ‘istoriati’ del Trecento (come quello di Nardo di Cione a S. Maria Novella) non superano la disamina (§1); e se pure del ‘Dante di Giotto’ al Bargello e di uno ritratto nel perduto Miracolo di S. Francesco di T. Gaddi a S. Croce si ha notizia rispettivamente dall’avanzato XIV e dal XV sec., in presenza di argomenti contra mancano forti motivi per ritenerne originaria l’identità (per il secondo, si tenta di spiegare l’identificazione alla luce del probabile modello del dipinto perduto). I restauri confermano invece che (‘pace’ Gombrich) il famoso ‘Dante di Giotto’ è proprio quello identificato come tale, a Firenze, dal Pucci fino al Vasari: il recupero delle linee del copricapo (sfigurato dal primo restauro) mostra che la figura è alla radice d’un filone di iconografia dantesca vivo fino al XV sec.; e su di essa è esemplato il sicuro Dante dell’Arte dei Notai. L’indagine svolta suggerisce che l’immagine monumentale di Dante si affermi nei cicli civici dell’ultimo ventennio del Trecento, valendosi dell’agnizione già diffusa (Pucci) del ‘Dante di Giotto’, e consacrando una figura eroica, stante, destinata a lunga vita (Castagno, D. di Michelino, Sala dei Gigli). La lettura proposta vanifica inoltre il ricorso alle immagini per ogni speculazione sul ‘vero volto’, e legge nell’adunca ‘fisionomia tradizionale’ (del tutto formata almeno all’altezza di Botticelli) un portato del Rinascimento avallato dalla descriptio di Boccaccio, priva anch’essa di cogente valore documentario.

Il primo ritratto documentato di Dante e il problema dell’iconografia trecentesca. Conferme, novità e anticipazioni dopo due restauri (tavv. pp. 102-111)

DONATO, MARIA
2008

Abstract

Il 2004-2005 ha visto a Firenze interventi di restauro su due cicli in cui fonti diverse indicano ritratti di Dante: quello giottesco al Bargello ed uno di tardo Trecento, lacunoso e finora illeggibile, nel palazzo già dell’Arte dei Giudici e Notai. Si è così potuto studiare un ‘nuovo’ Dante e il suo contesto, e riconsiderare la prima iconografia del poeta e il ruolo del ‘Dante di Giotto’. La prima lettura dei brani recuperati mostra che l’Arte, forte d’un’antica solidarietà fra primato culturale e impegno civico, celebrava Firenze ‘sovrana’ come patria del diritto, della giustizia, delle arti della parola, e in specie della poesia, resuscitata da Dante e vissuta come ‘gloria patria’ (§3). Più fonti, fra cui un prezioso disegno (1540) identificano, oltre a Dante, Petrarca, Zanobi da Strada e Boccaccio: è quanto resta d’una celebrazione dei poeti fiorentini che – fonte il Liber di F. Villani, regista C. Salutati con la sua cerchia –, aveva già coinvolto Palazzo Vecchio (la perduta Aula Minor) e doveva estendersi al Duomo (§4). Quello dell’Arte dei Notai è il primo Dante monumentale conservato certamente inteso come tale ab origine. I pretesi ritratti ‘istoriati’ del Trecento (come quello di Nardo di Cione a S. Maria Novella) non superano la disamina (§1); e se pure del ‘Dante di Giotto’ al Bargello e di uno ritratto nel perduto Miracolo di S. Francesco di T. Gaddi a S. Croce si ha notizia rispettivamente dall’avanzato XIV e dal XV sec., in presenza di argomenti contra mancano forti motivi per ritenerne originaria l’identità (per il secondo, si tenta di spiegare l’identificazione alla luce del probabile modello del dipinto perduto). I restauri confermano invece che (‘pace’ Gombrich) il famoso ‘Dante di Giotto’ è proprio quello identificato come tale, a Firenze, dal Pucci fino al Vasari: il recupero delle linee del copricapo (sfigurato dal primo restauro) mostra che la figura è alla radice d’un filone di iconografia dantesca vivo fino al XV sec.; e su di essa è esemplato il sicuro Dante dell’Arte dei Notai. L’indagine svolta suggerisce che l’immagine monumentale di Dante si affermi nei cicli civici dell’ultimo ventennio del Trecento, valendosi dell’agnizione già diffusa (Pucci) del ‘Dante di Giotto’, e consacrando una figura eroica, stante, destinata a lunga vita (Castagno, D. di Michelino, Sala dei Gigli). La lettura proposta vanifica inoltre il ricorso alle immagini per ogni speculazione sul ‘vero volto’, e legge nell’adunca ‘fisionomia tradizionale’ (del tutto formata almeno all’altezza di Botticelli) un portato del Rinascimento avallato dalla descriptio di Boccaccio, priva anch’essa di cogente valore documentario.
2008
Dante e la fabbrica della «Commedia»
Ravenna
14-16 settembre 2006
Dante e la fabbrica della 'Commedia'. Atti del Convegno internazionale di studi, a cura di Cottignoli A., Domini S., Gruppioni D.
Angelo Longo Editore
9788880635741
Ritratto di Dante; Firenze; XIV-XV secolo; Arti e lettere
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