Gli storici della cultura industriale italiana hanno ripercorso il successo e il ruolo che ebbe anche da noi la traduzione del libro di Samuel Smiles, Self-help (1859), o meglio dell’intero filone editoriale che a tale modello si richiama. In questo saggio vengono considerati i casi in cui a svolgere le funzioni di modello di comportamento sociale furono gli artisti, soprattutto del passato. Non si tratta soltanto di una categoria, perché attraverso di essa emergono precisi contrassegni nazionali e cittadini. Il punto di partenza è offerto dal caso, abbastanza particolare, di Matteo Civitali, lo scultore lucchese della seconda metà del Quattrocento. Anche il monumento pubblico a lui dedicato doveva servire “di eccitamento al lavoro”, ma la sua inaugurazione dette luogo ad uno scontro politico fra il movimento cattolico di Bottini e la parte laica della “città bianca”. In versione cattolicizzata, rispetto al modello smilesiano, emerge così l’immagine dell’artista-operaio; dello scultore piuttosto che del pittore; dell’artista in grado di proporre esempi di produzione utilitaria. Il quadro complessivo dello studio, che si allarga subito ad un ambito geografico e storico non più circoscritto alla sola Lucca, diventa così quello dell’intreccio fra cultura artistico-industriale e letteratura aneddotica sugli artisti, toccando questioni come l’educazione popolare alla pratica del disegno a partire dal Settecento; il ruolo di Vasari; l’eccezionale fortuna, in chiave fabrile, di Benvenuto Cellini; la negazione di fondo dell’artista romantico ed irregolare.

L’O di Giotto, il leone di burro di Tonin e tante altre storie istruttive: gli artisti nella letteratura del Self-help

FERRETTI, Massimo
2006

Abstract

Gli storici della cultura industriale italiana hanno ripercorso il successo e il ruolo che ebbe anche da noi la traduzione del libro di Samuel Smiles, Self-help (1859), o meglio dell’intero filone editoriale che a tale modello si richiama. In questo saggio vengono considerati i casi in cui a svolgere le funzioni di modello di comportamento sociale furono gli artisti, soprattutto del passato. Non si tratta soltanto di una categoria, perché attraverso di essa emergono precisi contrassegni nazionali e cittadini. Il punto di partenza è offerto dal caso, abbastanza particolare, di Matteo Civitali, lo scultore lucchese della seconda metà del Quattrocento. Anche il monumento pubblico a lui dedicato doveva servire “di eccitamento al lavoro”, ma la sua inaugurazione dette luogo ad uno scontro politico fra il movimento cattolico di Bottini e la parte laica della “città bianca”. In versione cattolicizzata, rispetto al modello smilesiano, emerge così l’immagine dell’artista-operaio; dello scultore piuttosto che del pittore; dell’artista in grado di proporre esempi di produzione utilitaria. Il quadro complessivo dello studio, che si allarga subito ad un ambito geografico e storico non più circoscritto alla sola Lucca, diventa così quello dell’intreccio fra cultura artistico-industriale e letteratura aneddotica sugli artisti, toccando questioni come l’educazione popolare alla pratica del disegno a partire dal Settecento; il ruolo di Vasari; l’eccezionale fortuna, in chiave fabrile, di Benvenuto Cellini; la negazione di fondo dell’artista romantico ed irregolare.
2006
Culture e libertà. Studi di storia in onore di Roberto Vivarelli
Edizioni della Normale
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