Il saggio parte dalla denuncia dei paradossi che costellano l’attività critica e pittorica di Grubicy, illuminanti nel tenere le fila del discorso sul Divisionismo italiano. Le questioni affrontate dal mercante, critico e pittore, partito da posizioni antiaccademiche di matrice scapigliata e approdato a uno spiritualismo che riecheggia il clima del simbolismo europeo, si delineano lungo un percorso in evoluzione ma anche di forte contrapposizione polemica. Mettendo a confronto i suoi interventi critici e la prassi, emerge un profilo segnato dalla dialettica tra estetica e tecnica divisionista, tra visione analitica divisionista e suggestione, tra “immaterializzazione” dell’opera e pennellata divisa. Ad esempio, il problema della levigatezza della superficie pittorica – riscontrabile sia nella pratica che nella poetica di Grubicy – è uno dei temi che più pongono in contraddizione la prassi del pittore con la sua fede professata nella teoria divisionista. L’attività pubblicistica di Grubicy e la sperimentazione dei materiali Lefranc, condotta grazie allo scambio di informazioni con Segantini, Morbelli e i pittori cui Grubicy si rivolge negli anni ‘90 sulle riviste “Cronaca d’arte” e “La Riforma”, ha un’importanza fondamentale per la formazione tecnica degli artisti fra anni ’90 e primo decennio del secolo, combattuti fra l’amore e l’odio per i materiali di produzione industriale. Il contesto intorno al quale questi pittori parlano e agiscono è quello della trattatistica tecnica (da Vibert in poi, nel caso di Grubicy), dai compendi ottocenteschi sulla storia delle tecniche antiche ai manuali di restauro, sia per artisti e dilettanti che scienziati, fino a giungere ai testi di Previati. Il saggio evidenzia il ruolo di Grubicy all’interno di questo contesto, i risvolti teorici e pratici, grazie al riscontro con i materiali rinvenuti nel suo studio, con i carteggi (studiati al Mart), con le opere.
Precetti e ricette. Evoluzione dialettica del pensiero critico di Grubicy fra idea e materia
D'AYALA VALVA, MARGHERITA
2015
Abstract
Il saggio parte dalla denuncia dei paradossi che costellano l’attività critica e pittorica di Grubicy, illuminanti nel tenere le fila del discorso sul Divisionismo italiano. Le questioni affrontate dal mercante, critico e pittore, partito da posizioni antiaccademiche di matrice scapigliata e approdato a uno spiritualismo che riecheggia il clima del simbolismo europeo, si delineano lungo un percorso in evoluzione ma anche di forte contrapposizione polemica. Mettendo a confronto i suoi interventi critici e la prassi, emerge un profilo segnato dalla dialettica tra estetica e tecnica divisionista, tra visione analitica divisionista e suggestione, tra “immaterializzazione” dell’opera e pennellata divisa. Ad esempio, il problema della levigatezza della superficie pittorica – riscontrabile sia nella pratica che nella poetica di Grubicy – è uno dei temi che più pongono in contraddizione la prassi del pittore con la sua fede professata nella teoria divisionista. L’attività pubblicistica di Grubicy e la sperimentazione dei materiali Lefranc, condotta grazie allo scambio di informazioni con Segantini, Morbelli e i pittori cui Grubicy si rivolge negli anni ‘90 sulle riviste “Cronaca d’arte” e “La Riforma”, ha un’importanza fondamentale per la formazione tecnica degli artisti fra anni ’90 e primo decennio del secolo, combattuti fra l’amore e l’odio per i materiali di produzione industriale. Il contesto intorno al quale questi pittori parlano e agiscono è quello della trattatistica tecnica (da Vibert in poi, nel caso di Grubicy), dai compendi ottocenteschi sulla storia delle tecniche antiche ai manuali di restauro, sia per artisti e dilettanti che scienziati, fino a giungere ai testi di Previati. Il saggio evidenzia il ruolo di Grubicy all’interno di questo contesto, i risvolti teorici e pratici, grazie al riscontro con i materiali rinvenuti nel suo studio, con i carteggi (studiati al Mart), con le opere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.