Il volume rende conto della complessità, attualità e sfida incessante degli Essais che sfuggono a tentazioni sistematiche o ‘architettoniche’, adottano lo scetticismo come arma critica e lo legano alla “possibilità”, eleggono il principio di contraddizione a regola delle regole e la religio dissimilitudinis, rinunciando al possesso della philosophia perennis, della certezza, dei giochi retorici e sillogistici (con cui tuttavia si divertono dimostrando di possederne conoscenza e uso) – e mostrano un uso spregiudicato di tutti i dualismi classici: costume-natura, convenzione-coscienza, necessità-libertà, intus-foris, esterno-esterno, sostanza-apparenza, fenomeno-essenza, maschera- volto, anima-corpo, tutti sileni concettuali, e spesso sileni “a rovescio”. In questa ricerca vengono decostruiti i “volti” di Montaigne, consegnati da una lunga stagione storiografica (conservatore, machiavellico, post-moderno, scettico nichilista, misologo, relativista, fideista, teorico della fine della storia e negatore del suo senso, dell’impossibilità di una morale universale). Una delle operazioni teoriche più significative è stata, inoltre, quella di ricondurre lo scetticismo montaignano alla propria (trascurata) genesi: non solo dunque lo scetticismo pirroniano nella restituzione di Sesto Empirico ma la pista meno battuta di quello plutarcheo. Lo spostamento di ottica ha consentito diverse ricostruzioni ed esiti della filosofia scettica montaignana. La parte centrale relativa a tale impegno ermeneutico ha conosciuto traduzioni inglesi e francesi è apparsa in miscellanee internazionali quali: Renaissance Scepticisms, eds. G. Paganini and R. Maia Neto con il titolo Montaigne and Plutarch. A Scepticims That Conquers The Mind, pp. 67-80, Springer 2009, pp. 183-211 e in Montaigne, sous la dir. de Th. Gontier et P. Magnard, Cerf 2010. Senza tale operazione di ordine metodologico ed ermeneutico, che ha ricostruito il percorso genetico di alcuni temi di fondo, filosofici ed etico-politici, non si sarebbe potuto comprendere la natura spazio-temporale, morale e politica, della proposta montaignana di un nuovo umanesimo e del chiasmo del nuovo mondo come mondo nuovo. Lo studio della prima censura degli Essais, inoltre, ha contribuito a gettare nuova luce su tale percorso anche in considerazione del rapporto ineludibile di filosofia e teologia. Montaigne fa un passo avanti: non solo teorizza la separazione della filosofia dalla teologia, e della politica dalla religione, ma soprattutto quella dalla morale dalla religione e la preminenza della morale sulla religione stessa. Uno dei risultati più importanti e innovativi che agirà anche in Charron è infatti l’idea che la saggezza, come perfezione dell’uomo in quanto uomo sia raggiungibile in ambito morale e nasca sul presupposto della separazione tra morale e religione. Per Montaigne la filosofia è, senza dubbio, la migliore delle “sciences humaines” (un apax: E, II, 12, 365A, 559). La sua visione etica del mondo, completamente laicizzata, non ha niente da guadagnare confondendo i propri percorsi con la religione. Montaigne chiama “humanistes” in I, 56, Des prières – capitolo che tenta di dimostrare, come l’Apologie de Raymond Sebond, che la ragione con la sua debolezza e la fede con la sua certezza possiedono sfere di giurisdizione completamente separate –, gli scrittori del “dire humain” , in opposizione ai teologi che insegnano “la parola di Dio”. Da questa ottica, fonda e legittima la pretesa di alcune opere di essere “purement humain[e]s et philosophiques, sans mélange de Théologie” (Ibid, 504B, 322): filosofia e teologia devono restare separate e non hanno nulla da guadagnare mescolandosi. Pensiero umano, troppo umano che non manca di premettere il vero concetto di probité (E, III, 12, 1059C), ripreso da Charron in Sagesse, II, 3. Il punto è particolarmente delicato. In questa riflessione si coglie in tutta la sua ampiezza il terreno che Montaigne prepara a Charron: Socrate “a faict un grand faveur à l’humaine nature de montrer combien peut d’elle-même” (E, III, 12, 1038), senza il soccorso della religione.

Montaigne

PANICHI, NICOLA
2010

Abstract

Il volume rende conto della complessità, attualità e sfida incessante degli Essais che sfuggono a tentazioni sistematiche o ‘architettoniche’, adottano lo scetticismo come arma critica e lo legano alla “possibilità”, eleggono il principio di contraddizione a regola delle regole e la religio dissimilitudinis, rinunciando al possesso della philosophia perennis, della certezza, dei giochi retorici e sillogistici (con cui tuttavia si divertono dimostrando di possederne conoscenza e uso) – e mostrano un uso spregiudicato di tutti i dualismi classici: costume-natura, convenzione-coscienza, necessità-libertà, intus-foris, esterno-esterno, sostanza-apparenza, fenomeno-essenza, maschera- volto, anima-corpo, tutti sileni concettuali, e spesso sileni “a rovescio”. In questa ricerca vengono decostruiti i “volti” di Montaigne, consegnati da una lunga stagione storiografica (conservatore, machiavellico, post-moderno, scettico nichilista, misologo, relativista, fideista, teorico della fine della storia e negatore del suo senso, dell’impossibilità di una morale universale). Una delle operazioni teoriche più significative è stata, inoltre, quella di ricondurre lo scetticismo montaignano alla propria (trascurata) genesi: non solo dunque lo scetticismo pirroniano nella restituzione di Sesto Empirico ma la pista meno battuta di quello plutarcheo. Lo spostamento di ottica ha consentito diverse ricostruzioni ed esiti della filosofia scettica montaignana. La parte centrale relativa a tale impegno ermeneutico ha conosciuto traduzioni inglesi e francesi è apparsa in miscellanee internazionali quali: Renaissance Scepticisms, eds. G. Paganini and R. Maia Neto con il titolo Montaigne and Plutarch. A Scepticims That Conquers The Mind, pp. 67-80, Springer 2009, pp. 183-211 e in Montaigne, sous la dir. de Th. Gontier et P. Magnard, Cerf 2010. Senza tale operazione di ordine metodologico ed ermeneutico, che ha ricostruito il percorso genetico di alcuni temi di fondo, filosofici ed etico-politici, non si sarebbe potuto comprendere la natura spazio-temporale, morale e politica, della proposta montaignana di un nuovo umanesimo e del chiasmo del nuovo mondo come mondo nuovo. Lo studio della prima censura degli Essais, inoltre, ha contribuito a gettare nuova luce su tale percorso anche in considerazione del rapporto ineludibile di filosofia e teologia. Montaigne fa un passo avanti: non solo teorizza la separazione della filosofia dalla teologia, e della politica dalla religione, ma soprattutto quella dalla morale dalla religione e la preminenza della morale sulla religione stessa. Uno dei risultati più importanti e innovativi che agirà anche in Charron è infatti l’idea che la saggezza, come perfezione dell’uomo in quanto uomo sia raggiungibile in ambito morale e nasca sul presupposto della separazione tra morale e religione. Per Montaigne la filosofia è, senza dubbio, la migliore delle “sciences humaines” (un apax: E, II, 12, 365A, 559). La sua visione etica del mondo, completamente laicizzata, non ha niente da guadagnare confondendo i propri percorsi con la religione. Montaigne chiama “humanistes” in I, 56, Des prières – capitolo che tenta di dimostrare, come l’Apologie de Raymond Sebond, che la ragione con la sua debolezza e la fede con la sua certezza possiedono sfere di giurisdizione completamente separate –, gli scrittori del “dire humain” , in opposizione ai teologi che insegnano “la parola di Dio”. Da questa ottica, fonda e legittima la pretesa di alcune opere di essere “purement humain[e]s et philosophiques, sans mélange de Théologie” (Ibid, 504B, 322): filosofia e teologia devono restare separate e non hanno nulla da guadagnare mescolandosi. Pensiero umano, troppo umano che non manca di premettere il vero concetto di probité (E, III, 12, 1059C), ripreso da Charron in Sagesse, II, 3. Il punto è particolarmente delicato. In questa riflessione si coglie in tutta la sua ampiezza il terreno che Montaigne prepara a Charron: Socrate “a faict un grand faveur à l’humaine nature de montrer combien peut d’elle-même” (E, III, 12, 1038), senza il soccorso della religione.
2010
Carocci
9788843055906
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