Il perdurare della fortuna della storiografia cousiniana, sin oltre la metà del secolo, per il tramite di allievi e sodali, del Waddington in questo caso specifico, deve indurre a considerare, tralasciando le suggestioni ideologiche dell’interpretazione del Febvre, che lo stesso Michelet deve molto al Cousin: comune era l’accentuazione della separazione tra ‘età di mezzo’ e modernità, vale a dire la riproposizione dell’antitesi settecentesca tra l’erudizione dei maurini e gli schemi storiografici delle sistemazioni enciclopediche. Un’ideale continuità, ma anche una radicale contrapposizione, sono le chiavi interpretative del rapporto Michelet-Renan. A quest’ultimo si riallacceranno il Gebhart ed anche le tarde visioni ideologiche del Courajod; entrambi rivendicano una qualche continuità tra le ‘rinascite’ medioevali e la Renaissance. Questo è proprio il terreno di contrapposizione tra Michelet e Renan, laddove l’elemento di vicinanza è rappresentato dal ‘viaggio in Italia’, cioè dall’attenzione alle rappresentazioni iconografiche, poi teorizzata dall’ex-seminarista di Saint-Sulpice. Singolare è infine il congiungersi nei primi decenni dell’Ottocento degli studi d’indianistica e di orientalistica con l’attenzione alla ‘Renaissance’, e in questa attitudine micheletiana opera nuovamente, anche se accuratamente rimossa, la presenza del Cousin, cioè proprio di colui che paradossalmente aveva stigmatizzato le filosofie quattro cinquecentesche a favore della modernità cartesiana. Questo sarà allora l’ambito per ridiscutere l’interpretazione delle Olympica in chiave di antirinascimento: un sapere fondato sul modello della conoscenza matematica percepito come esclusione dell'Antichità.
Immagini del Rinascimento nell'Ottocento francese
RAGGHIANTI, Renzo
2004-01-01
Abstract
Il perdurare della fortuna della storiografia cousiniana, sin oltre la metà del secolo, per il tramite di allievi e sodali, del Waddington in questo caso specifico, deve indurre a considerare, tralasciando le suggestioni ideologiche dell’interpretazione del Febvre, che lo stesso Michelet deve molto al Cousin: comune era l’accentuazione della separazione tra ‘età di mezzo’ e modernità, vale a dire la riproposizione dell’antitesi settecentesca tra l’erudizione dei maurini e gli schemi storiografici delle sistemazioni enciclopediche. Un’ideale continuità, ma anche una radicale contrapposizione, sono le chiavi interpretative del rapporto Michelet-Renan. A quest’ultimo si riallacceranno il Gebhart ed anche le tarde visioni ideologiche del Courajod; entrambi rivendicano una qualche continuità tra le ‘rinascite’ medioevali e la Renaissance. Questo è proprio il terreno di contrapposizione tra Michelet e Renan, laddove l’elemento di vicinanza è rappresentato dal ‘viaggio in Italia’, cioè dall’attenzione alle rappresentazioni iconografiche, poi teorizzata dall’ex-seminarista di Saint-Sulpice. Singolare è infine il congiungersi nei primi decenni dell’Ottocento degli studi d’indianistica e di orientalistica con l’attenzione alla ‘Renaissance’, e in questa attitudine micheletiana opera nuovamente, anche se accuratamente rimossa, la presenza del Cousin, cioè proprio di colui che paradossalmente aveva stigmatizzato le filosofie quattro cinquecentesche a favore della modernità cartesiana. Questo sarà allora l’ambito per ridiscutere l’interpretazione delle Olympica in chiave di antirinascimento: un sapere fondato sul modello della conoscenza matematica percepito come esclusione dell'Antichità.File | Dimensione | Formato | |
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