ABSTRACT. La recente mostra del Kunsthistorishes Museum di Vienna (Rubens. The power of transformation, 17 ottobre – 21 gennaio 2018) ha realizzato per la prima volta “dal vero” un confronto che la critica aveva teorizzato da decenni: quello tra Rubens e Federico Barocci, presentati nelle loro due celebri 'Annunciazioni'. L’esistenza di un legame tra i due maestri è sempre stata ribadita dalla critica novecentesca. Gli studiosi dell’Urbinate, da Corrado Ricci ad Andrea Emiliani, se ne sono serviti per ribadire la sua fortuna seicentesca e internazionale, mentre chi si è occupato del maestro fiammingo, in primis Michael Jaffé, vi ha letto un significativo elemento di continuità tra Rubens e la grande tradizione italiana della pala d’altare di Controriforma. Tali posizioni, maturate nel corso degli anni Sessanta, furono consolidate tra il 1975 e il 1977 con la prima grande mostra monografica su Barocci e la pubblicazione del celebre studio 'Rubens and Italy'. Un’analisi dei dati biografici e delle cronologie, tuttavia, getta diverse ombre sulla effettiva possibilità di tale rapporto. Nel suo recente contributo al 'Corpus Rubenianum', Jeremy Wood ha ridotto a un singolo episodio i diversi fogli che, nel corso degli anni, erano stati interpretati come riflessioni su temi barocceschi provenienti dalle raccolte di Rubens; è un fatto, inoltre, che nelle molte centinaia di lettere del maestro fiammingo il nome dell’Urbinate non compaia neppure una volta, a differenza di altri artisti della sua epoca o anche più antichi. Quale fu, dunque, il reale rapporto tra Rubens e Barocci, e quanta parte ebbe nella definizione del profilo storico-critico dei due pittori? Il contributo, nato nell’ambito della stesura del catalogo ragionato dell’opera pittorica e grafica del maestro urbinate, si divide in tre parti. Nella prima verranno confrontati gli effettivi casi di tangenza cronologica e geografica tra i due maestri, che ebbero almeno quattro occasioni (e luoghi) d’incontro: Anversa, la Spagna, Genova, Roma (in particolare nel cantiere di S. Maria della Vallicella). Nel secondo si farà il punto sulla difficile posizione dell’arte di Barocci sulla scena romana vissuta da Rubens, ripercorrendo una serie di fonti documentarie, visive e collezionistiche che terminano con la celebre stroncatura (1665) di Gian Lorenzo Bernini. Nella terza, si analizzeranno quelle condizioni storico- politiche che, in un anni significativi per la fortuna di entrambi i maestri (1912-14) portatono la critica a costruire posizioni ancora oggi diffuse ma non ulteriormente sostenibili alla luce delle emergenze attributive e documentarie.
Rubens e Barocci tra mito e politica
Luca Baroni
2018
Abstract
ABSTRACT. La recente mostra del Kunsthistorishes Museum di Vienna (Rubens. The power of transformation, 17 ottobre – 21 gennaio 2018) ha realizzato per la prima volta “dal vero” un confronto che la critica aveva teorizzato da decenni: quello tra Rubens e Federico Barocci, presentati nelle loro due celebri 'Annunciazioni'. L’esistenza di un legame tra i due maestri è sempre stata ribadita dalla critica novecentesca. Gli studiosi dell’Urbinate, da Corrado Ricci ad Andrea Emiliani, se ne sono serviti per ribadire la sua fortuna seicentesca e internazionale, mentre chi si è occupato del maestro fiammingo, in primis Michael Jaffé, vi ha letto un significativo elemento di continuità tra Rubens e la grande tradizione italiana della pala d’altare di Controriforma. Tali posizioni, maturate nel corso degli anni Sessanta, furono consolidate tra il 1975 e il 1977 con la prima grande mostra monografica su Barocci e la pubblicazione del celebre studio 'Rubens and Italy'. Un’analisi dei dati biografici e delle cronologie, tuttavia, getta diverse ombre sulla effettiva possibilità di tale rapporto. Nel suo recente contributo al 'Corpus Rubenianum', Jeremy Wood ha ridotto a un singolo episodio i diversi fogli che, nel corso degli anni, erano stati interpretati come riflessioni su temi barocceschi provenienti dalle raccolte di Rubens; è un fatto, inoltre, che nelle molte centinaia di lettere del maestro fiammingo il nome dell’Urbinate non compaia neppure una volta, a differenza di altri artisti della sua epoca o anche più antichi. Quale fu, dunque, il reale rapporto tra Rubens e Barocci, e quanta parte ebbe nella definizione del profilo storico-critico dei due pittori? Il contributo, nato nell’ambito della stesura del catalogo ragionato dell’opera pittorica e grafica del maestro urbinate, si divide in tre parti. Nella prima verranno confrontati gli effettivi casi di tangenza cronologica e geografica tra i due maestri, che ebbero almeno quattro occasioni (e luoghi) d’incontro: Anversa, la Spagna, Genova, Roma (in particolare nel cantiere di S. Maria della Vallicella). Nel secondo si farà il punto sulla difficile posizione dell’arte di Barocci sulla scena romana vissuta da Rubens, ripercorrendo una serie di fonti documentarie, visive e collezionistiche che terminano con la celebre stroncatura (1665) di Gian Lorenzo Bernini. Nella terza, si analizzeranno quelle condizioni storico- politiche che, in un anni significativi per la fortuna di entrambi i maestri (1912-14) portatono la critica a costruire posizioni ancora oggi diffuse ma non ulteriormente sostenibili alla luce delle emergenze attributive e documentarie.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.