Il mito di Giuliano Fiorentino ha percorso tutto il Novecento affascinando i molti studiosi che tentarono di decifrare l’enigma celato dietro al suo nome, legato all’esecuzione tra il 1418 e il 1424 del maestoso trascoro in alabastro della Cattedrale di Valencia. Carl Justi fu il primo a notare nel 1899 certi «echi ghibertiani» all’interno dei dodici rilievi, raffiguranti Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, nel suo saggio a introduzione di una delle celebri guide compilate da Karl Baedeker dedicata alla penisola iberica. L’argomento non tardò a suscitare l’interesse della comunità scientifica, soprattutto in seguito alla scoperta di numerosi documenti dei Llibres de Obra della Cattedrale, pubblicati nel 1909 dal canonico José Sanchis y Sivera, in cui emerse per la prima volta il nome di un generico «Juliá lo florentí» che dal 1418 lavorava l’alabastro in una bottega adiacente alla Seu e risultava riscuotere periodicamente il compenso di 70 fiorini aragonesi per ogni coppia di scene consegnate alla committenza. Anche Sanchis y Sivera accolse l’intuizione di Justi, notando l’evidente consonanza tra i rilievi e la Porta Nord del battistero di Firenze4, riconducendone l’autore ad un artista vicino alla bottega di Lorenzo Ghiberti: «es muy probable que este Julià florentí fuese algún discípulo de Ghiberti, pues en todos los relieves se demuestran las trazas del estilo de este célebre escultor». [...]
Il magistero della pietra: Giuliano fiorentino, "imaginero" nel Mediterraneo occidentale del primo Quattrocento / Fioravanti, Caterina; relatore: Ferretti, Massimo; Scuola Normale Superiore, 2019.
Il magistero della pietra: Giuliano fiorentino, "imaginero" nel Mediterraneo occidentale del primo Quattrocento
Fioravanti, Caterina
2019
Abstract
Il mito di Giuliano Fiorentino ha percorso tutto il Novecento affascinando i molti studiosi che tentarono di decifrare l’enigma celato dietro al suo nome, legato all’esecuzione tra il 1418 e il 1424 del maestoso trascoro in alabastro della Cattedrale di Valencia. Carl Justi fu il primo a notare nel 1899 certi «echi ghibertiani» all’interno dei dodici rilievi, raffiguranti Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, nel suo saggio a introduzione di una delle celebri guide compilate da Karl Baedeker dedicata alla penisola iberica. L’argomento non tardò a suscitare l’interesse della comunità scientifica, soprattutto in seguito alla scoperta di numerosi documenti dei Llibres de Obra della Cattedrale, pubblicati nel 1909 dal canonico José Sanchis y Sivera, in cui emerse per la prima volta il nome di un generico «Juliá lo florentí» che dal 1418 lavorava l’alabastro in una bottega adiacente alla Seu e risultava riscuotere periodicamente il compenso di 70 fiorini aragonesi per ogni coppia di scene consegnate alla committenza. Anche Sanchis y Sivera accolse l’intuizione di Justi, notando l’evidente consonanza tra i rilievi e la Porta Nord del battistero di Firenze4, riconducendone l’autore ad un artista vicino alla bottega di Lorenzo Ghiberti: «es muy probable que este Julià florentí fuese algún discípulo de Ghiberti, pues en todos los relieves se demuestran las trazas del estilo de este célebre escultor». [...]File | Dimensione | Formato | |
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