In occasione di restauri promossi nel 2018 all’interno della basilica di Santa Maria Novella a Firenze, dietro il quarto altare della navata sinistra è stato scoperto un grande affresco raffigurante San Tommaso d’Aquino in cattedra, celato per secoli dalla Resurrezione di Cristo realizzata da Giorgio Vasari nel 1568. L’opera è quanto resta della decorazione di una cappella dedicata all’Aquinate, eretta dai frati a ridosso della sua canonizzazione avvenuta nel 1323. Si tratta di una testimonianza di eccezionale importanza per la storia della basilica domenicana, che si distingue per l’assoluta originalità dell’iconografia, sensibilmente diversa dalla tavola dipinta negli stessi anni da Lippo Memmi per Santa Caterina a Pisa. Il confronto con altri dipinti, in parte realizzati nel medesimo cenobio, attesta una precoce fortuna del murale fiorentino e il ruolo cruciale che il convento ebbe nell’eleborazione della prima immagine di san Tommaso, consegnandoci una delle più antiche e complesse raffigurazioni a noi nota. Spinge verso una datazione al 1323 circa anche l’analisi stilistica: lo studio suggerisce di attribuire l’affresco al Maestro di santa Cecilia, forse identificabile con Gaddo Gaddi, uno dei più importanti esponenti del giottismo nei primi decenni del Trecento.
Il maestro di santa cecilia a Santa Maria Novella: un’immagine per la canonizzazione di San Tommaso d’Aquino
Gaia, Ravalli
2024
Abstract
In occasione di restauri promossi nel 2018 all’interno della basilica di Santa Maria Novella a Firenze, dietro il quarto altare della navata sinistra è stato scoperto un grande affresco raffigurante San Tommaso d’Aquino in cattedra, celato per secoli dalla Resurrezione di Cristo realizzata da Giorgio Vasari nel 1568. L’opera è quanto resta della decorazione di una cappella dedicata all’Aquinate, eretta dai frati a ridosso della sua canonizzazione avvenuta nel 1323. Si tratta di una testimonianza di eccezionale importanza per la storia della basilica domenicana, che si distingue per l’assoluta originalità dell’iconografia, sensibilmente diversa dalla tavola dipinta negli stessi anni da Lippo Memmi per Santa Caterina a Pisa. Il confronto con altri dipinti, in parte realizzati nel medesimo cenobio, attesta una precoce fortuna del murale fiorentino e il ruolo cruciale che il convento ebbe nell’eleborazione della prima immagine di san Tommaso, consegnandoci una delle più antiche e complesse raffigurazioni a noi nota. Spinge verso una datazione al 1323 circa anche l’analisi stilistica: lo studio suggerisce di attribuire l’affresco al Maestro di santa Cecilia, forse identificabile con Gaddo Gaddi, uno dei più importanti esponenti del giottismo nei primi decenni del Trecento.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
2024 - Ravalli, Il Maestro di Santa Cecilia a S. Maria Novella red.pdf
Accesso chiuso
Tipologia:
Published version
Licenza:
Non pubblico
Dimensione
9.52 MB
Formato
Adobe PDF
|
9.52 MB | Adobe PDF | Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.