I saggio nasce dal tentativo di spiegare a chi opera in altri campi disciplinari perché i casi della falsificazione appaiono così centrali e ricorrenti nella storia dell’arte; ma anche perché tale centralità e rilevanza caraterizza il campo artistico solo negli ultimi due secoli e mezzo circa. Tale periodizzazione richiede dunque, in forma speculare, di storicizzare natura ed evoluzione della nozione di originale. Negli ultimi due-tre secoli gli strumenti conoscitivi della produzione falsaria sono cresciuti e si sono affinati in modo più o meno parallelo a quelli della connoisseurship. Prima ancora che si consolidasse la visione romantica e storicista, I casi della falsificazione artistica sono diventati uno specchio dei nuovi svolgimenti dell’antiquaria; della necessità di riconoscere in ogni espressione figurativa anche una testimonianza di natura materiale e storica. Assumono così valore esemplare, nel punto di snodo del saggio, tre scene di Carlo Goldoni. Chi è in grado d’imitare i grandi maestri del passato non appare più come l’artista “virtuoso” dell’età barocca e non è più fatto oggetto di ammirazione, ma è solo un artista mancato. La migliore rappresentazione di questo capovolgimento dell’intero sistema di giudizio s’incontra probabilmente in Balzac: il suo Pierre Grassou è solo un artista fallito. Lo studio dei falsi può comunque insegnarci a fare maggiore attenzione alla natura materiale e funzionale delle opere autentiche. Quattro note finali discutono dei casi in cui si può ancora oggi rimanere incerti fra falso ed opera originale (si tratta di opera riferite a Mino da Fiesole, Gentile da Fabriano, Romanino, alla scultura lombarda del Quattrocento).

Il contributo dei falsari alla storia dell’arte

FERRETTI, Massimo
2009

Abstract

I saggio nasce dal tentativo di spiegare a chi opera in altri campi disciplinari perché i casi della falsificazione appaiono così centrali e ricorrenti nella storia dell’arte; ma anche perché tale centralità e rilevanza caraterizza il campo artistico solo negli ultimi due secoli e mezzo circa. Tale periodizzazione richiede dunque, in forma speculare, di storicizzare natura ed evoluzione della nozione di originale. Negli ultimi due-tre secoli gli strumenti conoscitivi della produzione falsaria sono cresciuti e si sono affinati in modo più o meno parallelo a quelli della connoisseurship. Prima ancora che si consolidasse la visione romantica e storicista, I casi della falsificazione artistica sono diventati uno specchio dei nuovi svolgimenti dell’antiquaria; della necessità di riconoscere in ogni espressione figurativa anche una testimonianza di natura materiale e storica. Assumono così valore esemplare, nel punto di snodo del saggio, tre scene di Carlo Goldoni. Chi è in grado d’imitare i grandi maestri del passato non appare più come l’artista “virtuoso” dell’età barocca e non è più fatto oggetto di ammirazione, ma è solo un artista mancato. La migliore rappresentazione di questo capovolgimento dell’intero sistema di giudizio s’incontra probabilmente in Balzac: il suo Pierre Grassou è solo un artista fallito. Lo studio dei falsi può comunque insegnarci a fare maggiore attenzione alla natura materiale e funzionale delle opere autentiche. Quattro note finali discutono dei casi in cui si può ancora oggi rimanere incerti fra falso ed opera originale (si tratta di opera riferite a Mino da Fiesole, Gentile da Fabriano, Romanino, alla scultura lombarda del Quattrocento).
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