Lungi dall’apparire come un semplice manuale di mnemotecnica dato alle stampe solo per soddisfare la curiosità del lettore colto – il Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria, opera di Lodovico Dolce stampata nel 1562 a Venezia per i tipi di Marchiò Sessa – si presenta come un testo con caratteristiche e finalità precise e suggestive, caratteristiche che il curatore sonda con un’articolata ottica interpretativa capace di inserire la tradizione dell’ars memoriae all’interno di realtà a lei direttamente o indirettamente correlate come i fenomeni letterari della riscrittura, della traduzione e dell’adattamento, fenomeni molto diffusi nella cultura tipografica veneziana del XVI secolo. Il testo altro non è che la traduzione in volgare del Congestorium artificiosae memoriae del predicatore domenicano Johannes Host von Romberch, testo pubblicato nel 1520 a Venezia, ma scritto sette anni prima a Colonia. Il 1520 e il 1562 diventano così i due momenti, che permettono di analizzare i cambiamenti e il processo di adattamento, che questo trattato di arte della memoria subisce per rispondere a sollecitazioni ed esigenze, che, nell’arco di un quarantennio, erano profondamente mutate. Nel 1520 il problema fondamentale era rappresentato dalla difesa dell’ortodossia cattolica, che osservava sul nascere l’incendio luterano e ne temeva sia la capacità di espansione e proselitismo sia la capacità di guadagnare consensi in quegli stessi ambienti cattolici che, cogliendo i pericoli dell’avanzante processo di mondanizzazione della chiesa, anelavano ad un rinnovamento erasmiano della fede. Stampare e diffondere in quel momento un trattato domenicano di arte della memoria come il Congestorium, un testo intriso di tomismo e che si ricollegava a quella speculazione tomista sulla memoria, che aveva insegnato la necessità di rivestire di materialità le idee spirituali per farle divenire comprensibili e memorabili alla mente e agli occhi degli uomini, significava naturalmente dare un forte segnale di resistenza verso quei cambiamenti e verso quei processi di modernizzazione, che, alimentando tendenze quali il platonismo ermetico o l’integrale recupero del mondo classico, stavano creando un immaginario religioso “non più fedele vassallo di un codificato sistema di vizi e di virtù”, un immaginario che prestava facilmente il fianco a chi protestava non per riformare ma per distruggere. Un’operazione culturale quindi che nasceva già all’insegna della ripresa e dell’adattamento, l’adattamento di un’arte della memoria medievale come quella tomista, la cui esaltazione dell’impiego delle immagini ai fini teoretici poteva ora confluire nella più pragmatica esigenza di immagini capaci di istruire ed educare, esigenza resa tanto più urgente dalla diffusione di un luteranesimo, che bisognava evidentemente combattere anche sul piano della pedagogia e non solo su quello della confutazione e della controversia teologica. Nel 1562 il discorso era completamente diverso, ma ciò non impediva una riesumazione del Congestorium che, una volta sottoposto alle opportune modifiche, poteva ancora avere una sua utilità sia dal punto di vista culturale che commerciale. A distanza di pochi mesi dal decreto tridentino De invocatione, veneratione, et reliquiis sanctorum et sacris imaginibus (3 dicembre 1563), che avrebbe affrontato, in modo un po’ sbrigativo, l’attuale e drammatico problema della venerazione delle immagini sacre ribadendo il loro valore pedagogico e riaffermando la liceità di un culto non indirizzato alla loro parte materiale, bensì ai prototypa che esse rappresentavano, il Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria di Lodovico Dolce usciva in un momento in cui infuriavano le devastazioni degli iconoclasti protestanti in Francia e nei Paesi Bassi, in cui la letteratura sulla venerazione delle immagini iniziava a divenire, dall’una e dal[...]

Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria

TORRE, ANDREA
2001

Abstract

Lungi dall’apparire come un semplice manuale di mnemotecnica dato alle stampe solo per soddisfare la curiosità del lettore colto – il Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria, opera di Lodovico Dolce stampata nel 1562 a Venezia per i tipi di Marchiò Sessa – si presenta come un testo con caratteristiche e finalità precise e suggestive, caratteristiche che il curatore sonda con un’articolata ottica interpretativa capace di inserire la tradizione dell’ars memoriae all’interno di realtà a lei direttamente o indirettamente correlate come i fenomeni letterari della riscrittura, della traduzione e dell’adattamento, fenomeni molto diffusi nella cultura tipografica veneziana del XVI secolo. Il testo altro non è che la traduzione in volgare del Congestorium artificiosae memoriae del predicatore domenicano Johannes Host von Romberch, testo pubblicato nel 1520 a Venezia, ma scritto sette anni prima a Colonia. Il 1520 e il 1562 diventano così i due momenti, che permettono di analizzare i cambiamenti e il processo di adattamento, che questo trattato di arte della memoria subisce per rispondere a sollecitazioni ed esigenze, che, nell’arco di un quarantennio, erano profondamente mutate. Nel 1520 il problema fondamentale era rappresentato dalla difesa dell’ortodossia cattolica, che osservava sul nascere l’incendio luterano e ne temeva sia la capacità di espansione e proselitismo sia la capacità di guadagnare consensi in quegli stessi ambienti cattolici che, cogliendo i pericoli dell’avanzante processo di mondanizzazione della chiesa, anelavano ad un rinnovamento erasmiano della fede. Stampare e diffondere in quel momento un trattato domenicano di arte della memoria come il Congestorium, un testo intriso di tomismo e che si ricollegava a quella speculazione tomista sulla memoria, che aveva insegnato la necessità di rivestire di materialità le idee spirituali per farle divenire comprensibili e memorabili alla mente e agli occhi degli uomini, significava naturalmente dare un forte segnale di resistenza verso quei cambiamenti e verso quei processi di modernizzazione, che, alimentando tendenze quali il platonismo ermetico o l’integrale recupero del mondo classico, stavano creando un immaginario religioso “non più fedele vassallo di un codificato sistema di vizi e di virtù”, un immaginario che prestava facilmente il fianco a chi protestava non per riformare ma per distruggere. Un’operazione culturale quindi che nasceva già all’insegna della ripresa e dell’adattamento, l’adattamento di un’arte della memoria medievale come quella tomista, la cui esaltazione dell’impiego delle immagini ai fini teoretici poteva ora confluire nella più pragmatica esigenza di immagini capaci di istruire ed educare, esigenza resa tanto più urgente dalla diffusione di un luteranesimo, che bisognava evidentemente combattere anche sul piano della pedagogia e non solo su quello della confutazione e della controversia teologica. Nel 1562 il discorso era completamente diverso, ma ciò non impediva una riesumazione del Congestorium che, una volta sottoposto alle opportune modifiche, poteva ancora avere una sua utilità sia dal punto di vista culturale che commerciale. A distanza di pochi mesi dal decreto tridentino De invocatione, veneratione, et reliquiis sanctorum et sacris imaginibus (3 dicembre 1563), che avrebbe affrontato, in modo un po’ sbrigativo, l’attuale e drammatico problema della venerazione delle immagini sacre ribadendo il loro valore pedagogico e riaffermando la liceità di un culto non indirizzato alla loro parte materiale, bensì ai prototypa che esse rappresentavano, il Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria di Lodovico Dolce usciva in un momento in cui infuriavano le devastazioni degli iconoclasti protestanti in Francia e nei Paesi Bassi, in cui la letteratura sulla venerazione delle immagini iniziava a divenire, dall’una e dal[...]
2001
Edizioni della Normale
Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria
DOLCE L
8876421033
Dolce; mnemotecnica; dialogo
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