La mediatizzazione della politica che ha accompagnato il ventennio berlusconiano ha profondamente influenzato tutti i soggetti che lottano per far sentire la propria voce nello spazio pubblico: non solo quelli istituzionali ma anche attori poveri di risorse come i movimenti sociali per i quali la protesta rappresenta la principale risorsa politica. L’azione collettiva non convenzionale nel corso dell’ultimo ventennio ha gradualmente incorporato gli elementi propri dei format mediali divenendo sempre più spettacolare e sempre più orientata a ottenere visibilità mediatica. Se la mediatizzazione diviene cifra dominante della protesta, essa apre anche forti contraddizioni dentro i movimenti, che per loro natura tendono a organizzarsi mediante strutture orizzontali. Tali lacerazioni talvolta vengono risolte dando vita a strutture verticistiche finalizzate ad esercitare un controllo ferreo della comunicazione che circola nella sfera pubblica, a scapito del dibattito e della democrazia interna. Nello show iperreale della democrazia italiana in cui anche i movimenti sociali cercano di ritagliarsi un ruolo da protagonisti, l’avvento e la diffusione del digitale aprono percorsi originali per superare tali rischi ma possono al tempo stesso esacerbarli. Il presente articolo si propone di riflettere sull’evoluzione dei movimenti sociali italiani nell’ultimo ventennio alla luce dei processi di mediatizzazione, popolarizzazione e personalizzazione della politica, facendo riferimento ai cicli di protesta che hanno accompagnato i governi di centro-destra, con particolare attenzione a quelli compresi fra il 2001 e il 2006, fra il 2008 e il 2011 e al sorgere del Movimento 5 Stelle. L’analisi diacronica e il confronto fra i movimenti dei primi anni 2000 e quelli che hanno accompagnato la recente crisi economica permetteranno di riflettere sui caratteri emergenti dell’azione collettiva alla luce dei più recenti sviluppi tecnologici.
I movimenti sociali fra resistenza e adattamento allo show iperreale della democrazia italiana
Mosca, Lorenzo
2014
Abstract
La mediatizzazione della politica che ha accompagnato il ventennio berlusconiano ha profondamente influenzato tutti i soggetti che lottano per far sentire la propria voce nello spazio pubblico: non solo quelli istituzionali ma anche attori poveri di risorse come i movimenti sociali per i quali la protesta rappresenta la principale risorsa politica. L’azione collettiva non convenzionale nel corso dell’ultimo ventennio ha gradualmente incorporato gli elementi propri dei format mediali divenendo sempre più spettacolare e sempre più orientata a ottenere visibilità mediatica. Se la mediatizzazione diviene cifra dominante della protesta, essa apre anche forti contraddizioni dentro i movimenti, che per loro natura tendono a organizzarsi mediante strutture orizzontali. Tali lacerazioni talvolta vengono risolte dando vita a strutture verticistiche finalizzate ad esercitare un controllo ferreo della comunicazione che circola nella sfera pubblica, a scapito del dibattito e della democrazia interna. Nello show iperreale della democrazia italiana in cui anche i movimenti sociali cercano di ritagliarsi un ruolo da protagonisti, l’avvento e la diffusione del digitale aprono percorsi originali per superare tali rischi ma possono al tempo stesso esacerbarli. Il presente articolo si propone di riflettere sull’evoluzione dei movimenti sociali italiani nell’ultimo ventennio alla luce dei processi di mediatizzazione, popolarizzazione e personalizzazione della politica, facendo riferimento ai cicli di protesta che hanno accompagnato i governi di centro-destra, con particolare attenzione a quelli compresi fra il 2001 e il 2006, fra il 2008 e il 2011 e al sorgere del Movimento 5 Stelle. L’analisi diacronica e il confronto fra i movimenti dei primi anni 2000 e quelli che hanno accompagnato la recente crisi economica permetteranno di riflettere sui caratteri emergenti dell’azione collettiva alla luce dei più recenti sviluppi tecnologici.File | Dimensione | Formato | |
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