Un brano della seconda edizione della Vita di Michelangelo, nel quale Giorgio Vasari trae spunto dalle difficoltà del lavoro scultoreo alla ‘Pietà’ poi Bandini per spiegare il “nonfinito” del maestro, contiene fin dalla stampa del 1568 un passaggio lievemente corrotto. Di conseguenza, quando il biografo enumera le poche “statue” michelangiolesche interamente “finite” nel marmo, non è chiaro se egli intenda riferirsi, in forma di esempio, soltanto al ‘Bacco’, alla ‘Pietà’ vaticana, al ‘David’ e al ‘Cristo’ della Minerva, o anche a quattro figure della Sagrestia Nuova (‘Giuliano’, ‘Lorenzo’, ‘Notte’ e ‘Aurora’) e a tre della tomba di Giulio II (‘Mosè’, ‘Rachele’, ‘Lia’), dando così un elenco, a suo modo completo, di sole undici sculture. Un’attenta revisione del testo, frainteso da tutte le riedizioni di Vasari fino ai giorni nostri (con una sola eccezione in lingua inglese), mostra che lo scrittore pensava a undici statue nel complesso, e dimenticava quasi tutti i primi marmi di Michelangelo. Si tratta di un vero e proprio preludio alla sfortuna non solo critica, ma anche materiale, di alcuni capolavori giovanili del maestro sino all’Ottocento.

Giorgio Vasari e le undici “statue finite” di Michelangelo: nota ecdotica su un passo delle ‘Vite’ del 1568

Caglioti
2018

Abstract

Un brano della seconda edizione della Vita di Michelangelo, nel quale Giorgio Vasari trae spunto dalle difficoltà del lavoro scultoreo alla ‘Pietà’ poi Bandini per spiegare il “nonfinito” del maestro, contiene fin dalla stampa del 1568 un passaggio lievemente corrotto. Di conseguenza, quando il biografo enumera le poche “statue” michelangiolesche interamente “finite” nel marmo, non è chiaro se egli intenda riferirsi, in forma di esempio, soltanto al ‘Bacco’, alla ‘Pietà’ vaticana, al ‘David’ e al ‘Cristo’ della Minerva, o anche a quattro figure della Sagrestia Nuova (‘Giuliano’, ‘Lorenzo’, ‘Notte’ e ‘Aurora’) e a tre della tomba di Giulio II (‘Mosè’, ‘Rachele’, ‘Lia’), dando così un elenco, a suo modo completo, di sole undici sculture. Un’attenta revisione del testo, frainteso da tutte le riedizioni di Vasari fino ai giorni nostri (con una sola eccezione in lingua inglese), mostra che lo scrittore pensava a undici statue nel complesso, e dimenticava quasi tutti i primi marmi di Michelangelo. Si tratta di un vero e proprio preludio alla sfortuna non solo critica, ma anche materiale, di alcuni capolavori giovanili del maestro sino all’Ottocento.
2018
Michelangelo; scultura italiana del Rinascimento; Giorgio Vasari; Sagrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze; tomba di Giulio II della Rovere in San Pietro in Vincoli a Roma; Giovanni Gaetano Bottari
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