Una santa fuori dagli schermi. Caterina da Siena patrona d’Italia e il cinema

The essay examines the transformations in the political use of the cult of St. Catherine of Siena through a perspective that the historiography had until now ignored: the film production dedicated to the Saint. During the Mussolini’s regime St. Catherine was proclaimed patroness saint of Italy, becoming the emblem of a «roman, fascist, catholic» nation. But in the postwar period a trend of “denationalization” of the cult of the Saint followed. Through the review of a series of failed cinematographic projects we reconstruct the dynamics of this process. We also analyze the complex relationship between St. Catherine and the cinema, that reflects the ambiguities of the ecclesiastical teaching over the film issue. This highlights the plot of motivations that led to the unpopularity of the Saint. In essence, through cinema it is possible to show the distance between the strong investment made by ecclesiastical institutions in the expansion of a cult imbued with dense political symbolisms and its weak effects in terms of the “consumption of devotion” to the patroness saint of Italy.

Il saggio analizza le trasformazioni nell’uso politico del culto di santa Caterina da Siena attraverso un punto di vista fino ad oggi ignorato dalla storiografia: quello della produzione cinematografica a lei dedicata. Si tratta prevalentemente di una storia di progetti falliti che permette di seguire, secondo nuove angolazioni, le dinamiche che condussero nel dopoguerra ad una tendenziale “snazionalizzazione” del culto di una santa che, divenuta compatrona d’Italia nel 1939, era assurta a emblema di un’Italia «romana, fascista, cattolica». Nel contempo l’analisi del tortuoso rapporto tra Caterina e il cinema, specchio delle ambiguità del magistero ecclesiastico rispetto alla questione cinematografica, permette di gettare una luce sulla trama di motivazioni che hanno determinato la scarsa popolarità della santa. Anche attraverso il cinema pare dunque misurarsi la distanza tra il forte investimento da parte delle istituzioni ecclesiastiche nell’espansione di un culto intriso di densi simbolismi identitari e politici e le sue deboli ricadute in termini di «consumo» della devozione alla patrona d’Italia.